Nella mia esperienza, la domanda di consulenza si esprime molto spesso quando ogni altra via è percepita, da chi la esprime, come preclusa. In fondo, a ben pensarci, la domanda (ad esempio, quando si tratti di psicoterapia individuale, ma anche di consulenza organizzativa) costituisce il tentativo che un soggetto (un politico, un imprenditore, il dirigente di una organizzazione, un lavoratore: una persona, insomma) esperisce, nel paradossale tentativo di ‘non cambiare’ (o più propriamente: di cambiare la situazione che ‘fa problema’ senza che questo implichi un qualche processo di sua trasformazione ‘personale’). Questo principio (che al di là della conferma della mia esperienza personale, sia nei casi in cui mi è stata richiesta consulenza sia in quelli nei quali sono stato io a richiederla, può contare anche su alcuni autorevoli riferimenti teorico-scientifici) mi è significativamente tornato alla mente pensando alla discussione di questi ultimi tempi sulla politica e sul governo locale e sul loro rapporto con elementi quali il merito, l’expertise, la competenza, che si arricchisce ormai quotidianamente, al tempo del COVID-19, di nuovi elementi di riflessione ed anche di suggestioni operative. Tali elementi sembrano potere apportare un effettivo valore aggiunto alle pratiche con le quali ‘disperatamente’ i partiti, i movimenti e le istituzioni stanno affrontando (meglio sarebbe dire, stante la situazione, ‘non stanno affrontando’) la questione, essenziale da molti punti vista, del ruolo che le attività di socializzazione in ingresso, di formazione, di accompagnamento e di sviluppo professionale (e, perché no, di valutazione) che avvengono al proprio interno possono offrire al necessario miglioramento della qualità dell’azione politica e di governo nel nostro Paese. È in effetti alquanto paradossale che quella stessa politica che, mediante le istituzioni di governo europeo, nazionale e regionale, ormai da diversi anni in modo sempre più vincolante e strutturato sta nei fatti ‘imponendo’ al sistema scolastico (fino all’università), a quello della formazione professionale, al sistema di orientamento e dei servizi per il lavoro e anche per molti versi al mondo delle imprese, di adottare modelli e metodologie di analisi e di intervento ‘per competenze’ (elaborando curricoli e obiettivi didattici espressi ‘per competenze’; descrivendo processi di lavoro, aree di attività, figure e profili professionali articolati ‘per competenze’; ricostruendo esperienze personali e professionali degli individui rileggendole in termini di ‘competenze’, opportunamente valutate, validate, certificate; realizzando il matching tra domanda e offerta di lavoro mediante il confronto tra competenze richieste e competenze disponibili), quando si tratta invece di riflettere su sé stessa, sulle proprie performance, sui propri risultati, sui propri limiti e sulle relative prospettive di miglioramento, rifiuti risolutamente di adottare questo tipo di approccio e di linguaggio, e di trarne con coerenza le relative conseguenze. Come ho osservato qualche tempo fa in esito ad un lavoro di ricerca empirica che ho coordinato su questo tema, è come se si accettasse implicitamente l’assunto che nella politica e nel governo della cosa pubblica 'non si tratta di competenze': al termine competenza si associa infatti intuitivamente un significato di expertise in qualche modo tecnica, e la politica ha tradizionalmente un rapporto alquanto ambivalente con la tecnica (fino alla banalizzazione dell’intendance suivrà). Da un lato, dai principali stakeholder, il termine ‘competente’ quando associato ad un dirigente di partito o ad un amministratore locale è in genere vissuto come riduttivo ed in qualche modo improprio: l’orizzonte dei valori, della passione politica, di quelle che possono essere definite ‘virtù civili’ (solidarietà, equità, onestà, integrità morale, etc.) sembra più consono alla identità di tali ruoli sociali (nella propria auto-rappresentazione) di quanto non lo sia l’orizzonte delle ‘competenze’. Dall’altro lato, in qualche modo all’opposto, vi è la posizione di coloro che con ‘disincanto’ sostengono che nella politica e nel governo locale non è questione di competenze né di onestà, ma piuttosto di dimensioni definite con locuzioni alquanto naive eppure sufficientemente auto-esplicative, quali ad esempio: il ‘carisma’, il ‘carattere’, il ‘pelo sullo stomaco’, la ‘malizia’ quando non la ‘doppiezza’, etc. (con ciò mostrando di non essere consapevoli che la ‘traduzione’ del linguaggio naive dei propri interlocutori in un linguaggio tecnico-scientifico che sia ‘operabile’ sul piano professionale è propriamente una delle ‘competenze distintive’ di chi voglia con efficacia occuparsi di analisi del lavoro). Naturalmente, in entrambi i casi l’alternativa è mal posta, e sappiamo bene da tempo che il costrutto di competenza è progressivamente venuto acquisendo connotazioni assai ampie, in particolare negli approcci che (al netto delle aporìe che personalmente vi ho sempre riconosciuto) definiscono la competenza come qualsiasi tipo di risorsa (conoscenza, capacità, abilità, tratto, habit, disposizione, dote: a seconda dei linguaggi, delle teorie e dei modelli di riferimento) che un individuo attiva e mobilita nell’esercizio di un ruolo socio-professionale, e di qualsiasi attività ad esso correlata. Se ciò è vero, allora non è improprio analizzare anche il lavoro del dirigente politico e dell’amministratore pubblico in termini di competenze: anzi semmai, come mostrano con evidenza i pochi contributi pubblicati al riguardo, questo ‘sguardo’ particolare induce ad arricchire la modellistica con la quale di norma si analizzano le ‘competenze al lavoro’, per ricomprendervi tutte quelle ‘caratteristiche’ di diversa natura (non solo conoscenze e capacità tecniche, ma anche qualità e doti personali, risorse, attitudini e disposizioni, motivazioni e interessi, ed altro ancora) che, come ormai sappiamo bene, entrano sempre in gioco nel farsi dell’esercizio di un ruolo sociale e nel renderlo efficace, qualitativamente apprezzabile, appropriato, contestualmente ‘giusto’ ed efficace. In altre parole, ragionare di competenze nella politica e nella amministrazione pubblica costringe ad allargare lo sguardo ‘oltre la tecnica’, come i migliori approcci hanno da tempo già iniziato a fare anche con riferimento al mondo del lavoro (anche se non si può certo ancora dire che ciò costituisca una pratica corrente, nonostante l’enfasi nominale crescente su core skills, soft skills, competenze trasversali, meta-competenze, etc.): e questo mi appare un motivo in più perché la politica decida, una buona volta, di guardarsi allo specchio della competenza. Per ciò che ne conosco, ci sono tra l’altro buone ragioni per ritenere che le non molto numerose esperienze (se pure in fase di sviluppo quantitativo, dopo un oblìo progressivo durato alcuni anni) di ‘formazione della dirigenza politica’ e di ‘formazione degli amministratori locali’ che i partiti stanno faticosamente cominciando a intraprendere, ne risulterebbero salutarmente sconvolte nei loro modelli e nelle loro metodologie, come sarebbe opportuno, necessario e credo anche indispensabile. Tornando alle considerazioni con le quali ho aperto questo intervento, e alle motivazioni che possono alimentare una domanda di supporto, forse a questo riguardo la situazione non è ancora abbastanza ‘disperata’: ma è possibile che, almeno su questo piano, l’esperienza del COVID-19 che stiamo attraversando, pur con tutte le sue ambivalenze a strumentalizzazioni (purtroppo non di rado bipartisan, stante la 'struttura del gioco': ma su questo vorrei tornare con più calma, perché si tratta di una riflessione particolarmente importante per le sue implicazioni), riesca a imprimere alle nostre pratiche consolidate quella spinta, non necessariamente ‘gentile’, della quale si avverte una esigenza vitale. Per questa via, forse, troveremo conferma della opportunità di distinguere anche nominalmente tra competenza (al singolare) e risorse di varia natura (individuali, organizzative, contestuali) che concorrono al suo ‘farsi’. Ma anche su questo mi propongo di tornare. Immagine di LUuy da Pixabay
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