I SERVIZI PER L’IMPIEGO NEL TEMPO DELLE TRANSIZIONI Ponendomi, come insieme ad A. Sartori abbiamo programmaticamente deciso quando abbiamo scelto il titolo del nostro volume sulle migliori pratiche internazionali relative ai servizi per l’impiego[1], nella prospettiva del ‘fare’, e cercando allo stesso tempo di mantenermi ancorato alla metafora del viaggio in mare, ho pensato che potesse essere particolarmente meaningful, in conclusione della nostra ricognizione a livello internazionale, fare mia l’esortazione (‘navigare necesse est’) che, secondo la ricostruzione di Plutarco, Pompeo Magno indirizzò ai suoi marinai, che manifestavano resistenza ad imbarcarsi per Roma, considerate le cattive condizioni del tempo. Quella esortazione infatti esprime a mio avviso (in particolare se assunta nella sua interezza, completandola con il secondo enunciato che Plutarco ci tramanda: ‘vivere non est necesse’) da un lato la presa d’atto di uno stato di fatto con cui occorre misurarsi (in questo caso specifico: ci sono nuove norme, che delineano una nuova architettura istituzionale, e un sistema di servizi per l’impiego parzialmente rinnovato; si tratta quindi di assumere questo nuovo quadro di riferimento e di predisporsi ad interpretarlo e ad ‘abitarlo’); e dall’altro lato una sorta di disposizione ‘etica’ più generale (che mi sento di condividere) nei confronti delle incertezze, delle aporìe, ed anche dei rischi cui ci pongono di fronte i continui processi di transizione nei quali ci troviamo coinvolti nel nostro percorso di vita e professionale. Si tratta di processi di transizione con i quali gli operatori dei servizi per l’impiego hanno peraltro particolare dimestichezza per averli sperimentati direttamente in relazione ai propri percorsi professionali (e non solo nel nostro Paese), come emerge in modo particolarmente emblematico in quasi tutte le esperienze internazionali analizzate nel volume. Con questo spirito, quindi, vorrei riproporre alcune riflessioni su quali siano, al di là di quelli già richiamati, gli ulteriori ambiti di intervento che è importante presidiare per l’efficacia del processo di implementazione, nella prospettiva per la quale l’implementazione decide della qualità del risultato finale almeno altrettanto quanto lo decide la norma, o la policy che la ispira e le dà forma. RIPENSARE I SERVIZI PER IL LAVORO TRA COMMON FRAMEWORK E SPECIFICITÀ NAZIONALI, COSTRUIRE LA PROPRIA IDENTITÀ La prima considerazione suggerita dalla ricognizione delle buone pratiche a livello internazionale che emerge con nettezza, è che su alcune dimensioni l'evoluzione della esperienza nei singoli Paesi mostra un andamento non solo caratterizzato da differenze rilevanti, ma anche ‘altalenante’ nel tempo (si pensi alla scelta del profilo istituzionale, tra autorità autonoma o agenzia esecutiva; o alla scelta del livello di decentramento territoriale dei SPI; o alla scelta della integrazione delle funzioni di erogazione dei servizi e delle politiche passive in uno one-stop-shop). Insieme a ciò, e nonostante ciò, alcune tendenze sembrano comunque prevalere (anche se non sempre e non ovunque nella stessa fase storica): si pensi, ad esempio, al (ri)dimensionamento del contributo delle parti sociali alla gestione dei SPI; alla logica del workfare e alla condizionalità che ne costituisce espressione e strumento; alla stessa scelta del modello dello one-stop-shop, in quanto ritenuto sintonico con la logica dello workfare anche se non rigidamente necessitato da questa. Si pensi alle modalità prevalenti adottate nei diversi contesti nell’intento di creare un mercato dei servizi per l’impiego (il sistema degli appalti e quello dei voucher); e si pensi alle differenze nella gamma e nella qualità dei servizi oggetto di esternalizzazione o comunque di affidamento a terzi. Si pensi poi a tutto ciò che riguarda il management e l'organizzazione delle sedi di erogazione (con le riscontrabili tendenze omogenee verso la adozione di modelli gestionali dei sistemi e delle strutture di erogazione ispirati al MBO; verso l’attenzione alle imprese come cliente e come partner; verso l’introduzione di sistemi di profilazione degli utenti; verso la costruzione di reti di partnership ‘a geometria variabile’ in ragione della natura dei problemi occupazionali da affrontare localmente e contingentemente; verso la istituzionalizzazione di forme di accompagnamento alla persona in cerca di occupazione nel Jobseeker’s journey; e addirittura verso un moderno restyling delle sedi). Si pensi infine all’utilizzo sia delle tecnologie in senso lato, sia dei social network in particolare, per fini plurimi (archiviazione dati, monitoraggio e controllo, informazione e comunicazione agli utenti, accesso ai servizi, profilazione degli utenti, etc.): dimensioni rispetto alle quali si riscontrano differenze anche radicali nel panorama internazionale, su cui quindi è utile interrogarsi. Se allora, come mi pare si possa affermare a valle della ricognizione effettuata, a fronte di visioni sostanzialmente omogenee e condivise (enfasi su strategie ‘preventive’ e politiche attive; cooperazione pubblico-privato mediante forme diverse, tra appalti e voucher; ridimensionamento del contributo delle parti sociali alla gestione del sistema; workfare e condizionalità; strutture di erogazione come lifelong transition agency; sistemi di profilazione degli utenti; gamma ampia di servizi e one-stop-shop; new public management e MBO; reti locali di partenariato per progetti e/o per target; responsabilizzazione degli utenti, accompagnamento e tutorato individuale; nuove tecnologie e social media) l’analisi comparata ci restituisce tuttavia evidenza, per ciò che riguarda l'implementazione delle singole dimensioni, di differenze sia ‘in orizzontale’ (tra i diversi Paesi), sia ‘in verticale’ (nell’ambito dello stesso Paese, in periodi storici diversi), come possiamo valutare tale variabilità, e quali indicazioni possiamo trarne in funzione delle nostre scelte, a livello nazionale e regionale? Nel prossimo intervento presenterò alcune considerazioni ed anche alcune proposte su questo tema. [1] P.G. Bresciani, A. Sartori Innovare i servizi per il lavoro. Tra il dire e il mare… Apprendere dalle migliori pratiche internazionali Franco Angeli 2016 (dalla cui postfazione sono tratte, con parziali modifiche, le considerazioni contenute in questo intervento)
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