Premessa
In questo breve contributo (di qui il termine ‘appunti’) affronterò il tema, particolarmente attuale, della occupabilità, cercando di argomentare:
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Come mi è capitato di osservare, quando raccogliamo dati, mediante questionari, colloqui e interviste, per valutare la formazione, a ben guardare, i dati che emergono non sono ‘veri’: si pensi in particolare alla valutazione del gradimento/soddisfazione (emblematicamente definita sempre più spesso customer satisfaction, con una locuzione che a me pare ne limiti in modo particolarmente consistente la potenzialità euristica).
L'intervento che segue è stato pubblicato (con il titolo ‘Dare sostenibilità all’accompagnamento al lavoro’), nella newsletter della Associazione Nuovi Lavori, nell’ambito di un numero monografico dedicato al rapporto tra giovani e lavoro, che contiene molti contributi interessanti, tra i quali uno del ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi.
La newsletter completa è consultabile al seguente indirizzo: http://www.nuovi-lavori.it/index.php/home-newsletter La recente rilettura dei risultati, ancora assolutamente attuali, di una ricerca sulla partecipazione delle donne al lavoro e alla politica, che ho coordinato alcuni anni or sono [1], mi sollecita a riproporre all’attenzione ciò che in quel contesto avevo definito, in modo evocativo ed un poco provocatorio, l’illusione della conciliazione.
Coloro che analizzano i servizi per l'impiego nei diversi paesi dell'Europa e del più ampio contesto internazionale non possono che essere colpiti dalle differenze che si possono osservare tra i sistemi e i dispositivi di ciascuno di essi.
I SERVIZI PER L’IMPIEGO NEL TEMPO DELLE TRANSIZIONI
Ponendomi, come insieme ad A. Sartori abbiamo programmaticamente deciso quando abbiamo scelto il titolo del nostro volume sulle migliori pratiche internazionali relative ai servizi per l’impiego[1], nella prospettiva del ‘fare’, e cercando allo stesso tempo di mantenermi ancorato alla metafora del viaggio in mare, ho pensato che potesse essere particolarmente meaningful, in conclusione della nostra ricognizione a livello internazionale, fare mia l’esortazione (‘navigare necesse est’) che, secondo la ricostruzione di Plutarco, Pompeo Magno indirizzò ai suoi marinai, che manifestavano resistenza ad imbarcarsi per Roma, considerate le cattive condizioni del tempo. l titolo di uno dei volumi che ho pubblicato sulle politiche del lavoro e i servizi per l’impiego [1] contiene la locuzione ‘tra il dire e il mare…’: che ciascuno, parafrasando in modo ‘divergente’ il vecchio adagio, è istintivamente portato a completare con ‘c’è di mezzo il fare’.
IL CORAGGIO DI CREDERCI. LA VALUTAZIONE DEI SERVIZI PER IL LAVORO E IL DILEMMA DELLA LEADERSHIP11/11/2020 Se si confrontano i dati disponibili che riguardano elementi quali la spesa per il totale delle politiche attive del lavoro, la spesa complessiva dei PES (Public Employment Services), la percentuale di spesa rappresentata dai PES rispetto al PIL, il numero di addetti e il totale dei disoccupati registrati, le differenze che contraddistinguono negativamente la situazione italiana dalla media di quelle degli altri Paesi sono molte e rilevanti: ad esempio quella relativa all’ammontare complessivo delle risorse finanziarie che i diversi Paesi europei destinano alle politiche e ai servizi per il lavoro, e poi quella del totale degli addetti, e del loro rapporto con il totale dei disoccupati.
![]() Premessa. ‘In direzione ostinata e contraria’ Con buona pace dei tanti che la pensano diversamente (non di rado, viene da dire ascoltandoli, senza conoscerne adeguatamente né i contenuti, nè le esperienze sul campo) ritengo non da oggi che il sistema delle politiche attive per il lavoro e dei servizi per l’impiego costituisca una delle architravi essenziali di un sistema (economico, sociale e produttivo) che sia allo stesso tempo efficiente, efficace ed inclusivo; oppure, cambiando metafora e ponendosi da un punto di vista meno gerarchico-strutturale, che costituisca uno degli hub essenziali di una rete di risorse per lo sviluppo. Per questo motivo, dopo avere pubblicato numerosi volumi, articoli e saggi sui temi oggetto della mia esperienza (di ricerca, formazione e consulenza) in questo ambito, ho deciso di dare maggiore continuità a questo mio impegno, e di cercare di favorire una maggiore visibilità di questo tema, che vada oltre i limiti dello scandalismo cui siamo ormai purtroppo avvezzi (anche in forza di situazioni che, qualche volta, effettivamente 'scandalose' lo sono, e come tali vanno riconosciute, senza timore). Sembra quindi trattarsi, ancora una volta, di andare ‘in direzione ostinata e contraria’, secondo la suggestiva espressione di Fabrizio De André: ma, almeno da un certo punto in avanti della propria vita, ciascuno di noi è chiamato ad onorare la propria storia, e quanto da essa ha appreso e ancora apprende. Su molti dei temi di cui mi occupo, e ai quali sono particolarmente legato, questo blog costituisce per me allo stesso tempo il luogo e il mezzo per perseguire questo obiettivo, per rispondere a questa esigenza, per cercare di soddisfare questo desiderio. Per questo, da oggi l’ambito delle politiche del lavoro e dei servizi per l’impiego costituirà, con continuità, uno spazio specifico di riflessione e approfondimento. Nella mia esperienza, la domanda di consulenza si esprime molto spesso quando ogni altra via è percepita, da chi la esprime, come preclusa.
In fondo, a ben pensarci, la domanda (ad esempio, quando si tratti di psicoterapia individuale, ma anche di consulenza organizzativa) costituisce il tentativo che un soggetto (un politico, un imprenditore, il dirigente di una organizzazione, un lavoratore: una persona, insomma) esperisce, nel paradossale tentativo di ‘non cambiare’ (o più propriamente: di cambiare la situazione che ‘fa problema’ senza che questo implichi un qualche processo di sua trasformazione ‘personale’). |
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