l titolo di uno dei volumi che ho pubblicato sulle politiche del lavoro e i servizi per l’impiego [1] contiene la locuzione ‘tra il dire e il mare…’: che ciascuno, parafrasando in modo ‘divergente’ il vecchio adagio, è istintivamente portato a completare con ‘c’è di mezzo il fare’.
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IL CORAGGIO DI CREDERCI. LA VALUTAZIONE DEI SERVIZI PER IL LAVORO E IL DILEMMA DELLA LEADERSHIP11/11/2020 Se si confrontano i dati disponibili che riguardano elementi quali la spesa per il totale delle politiche attive del lavoro, la spesa complessiva dei PES (Public Employment Services), la percentuale di spesa rappresentata dai PES rispetto al PIL, il numero di addetti e il totale dei disoccupati registrati, le differenze che contraddistinguono negativamente la situazione italiana dalla media di quelle degli altri Paesi sono molte e rilevanti: ad esempio quella relativa all’ammontare complessivo delle risorse finanziarie che i diversi Paesi europei destinano alle politiche e ai servizi per il lavoro, e poi quella del totale degli addetti, e del loro rapporto con il totale dei disoccupati.
![]() Premessa. ‘In direzione ostinata e contraria’ Con buona pace dei tanti che la pensano diversamente (non di rado, viene da dire ascoltandoli, senza conoscerne adeguatamente né i contenuti, nè le esperienze sul campo) ritengo non da oggi che il sistema delle politiche attive per il lavoro e dei servizi per l’impiego costituisca una delle architravi essenziali di un sistema (economico, sociale e produttivo) che sia allo stesso tempo efficiente, efficace ed inclusivo; oppure, cambiando metafora e ponendosi da un punto di vista meno gerarchico-strutturale, che costituisca uno degli hub essenziali di una rete di risorse per lo sviluppo. Per questo motivo, dopo avere pubblicato numerosi volumi, articoli e saggi sui temi oggetto della mia esperienza (di ricerca, formazione e consulenza) in questo ambito, ho deciso di dare maggiore continuità a questo mio impegno, e di cercare di favorire una maggiore visibilità di questo tema, che vada oltre i limiti dello scandalismo cui siamo ormai purtroppo avvezzi (anche in forza di situazioni che, qualche volta, effettivamente 'scandalose' lo sono, e come tali vanno riconosciute, senza timore). Sembra quindi trattarsi, ancora una volta, di andare ‘in direzione ostinata e contraria’, secondo la suggestiva espressione di Fabrizio De André: ma, almeno da un certo punto in avanti della propria vita, ciascuno di noi è chiamato ad onorare la propria storia, e quanto da essa ha appreso e ancora apprende. Su molti dei temi di cui mi occupo, e ai quali sono particolarmente legato, questo blog costituisce per me allo stesso tempo il luogo e il mezzo per perseguire questo obiettivo, per rispondere a questa esigenza, per cercare di soddisfare questo desiderio. Per questo, da oggi l’ambito delle politiche del lavoro e dei servizi per l’impiego costituirà, con continuità, uno spazio specifico di riflessione e approfondimento. Nella mia esperienza, la domanda di consulenza si esprime molto spesso quando ogni altra via è percepita, da chi la esprime, come preclusa.
In fondo, a ben pensarci, la domanda (ad esempio, quando si tratti di psicoterapia individuale, ma anche di consulenza organizzativa) costituisce il tentativo che un soggetto (un politico, un imprenditore, il dirigente di una organizzazione, un lavoratore: una persona, insomma) esperisce, nel paradossale tentativo di ‘non cambiare’ (o più propriamente: di cambiare la situazione che ‘fa problema’ senza che questo implichi un qualche processo di sua trasformazione ‘personale’). Anche se a volte può essere spontanea (in quelle occasioni nelle quali le persone volontariamente e senza obblighi - a volte addirittura nonostante le condizioni di contesto - collaborano per un obiettivo condiviso, mettendo in comune competenze, risorse, servizi, strutture, ed a volte anche clienti-utenti), non per questo l’integrazione è un processo semplice, naturale e poco costoso.
L’integrazione richiama l’idea di soggetti diversi, con identità diverse ma precise, forti (per quanto è dato nel contesto attuale e nell’esprit du temp: potremmo dire winnicottianamente ‘abbastanza forti’), che cooperano in funzione del raggiungimento di obiettivi condivisi, mettendo in valore le proprie risorse e qualità.
L’esigenza di integrazione in qualsiasi campo (sociale; organizzativo-aziendale; formativo-educativo; tecnologico; psicologico ed intra-individuale) si è progressivamente affermata specularmente alla evoluzione del processo di differenziazione e di specializzazione tra le parti di un sistema (individuo, organizzazione, sistema istituzionale).
Il gioco di parole di alcuni giorni fa del Presidente del Consiglio (‘Oggi di fronte alla sfida del Coronavirus si impongono tre parole d’ordine: cooperare, cooperare, cooperare') ha richiamato l’attenzione (come sempre più spesso avviene di fronte alle sfide della modernità e della complessità) sulla esigenza ‘vitale’ di reciproco aiuto, supporto, condivisione, collaborazione, coordinamento tra soggetti, strutture, istituzioni per potere sopravvivere, evolvere, svilupparsi, ‘avere successo’.
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