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Il Tempo Presente
Tra il prima e il dopo c'è il mentre
Lanfranco Pace

PER UN'ECOLOGIA DEI SERVIZI PER IL LAVORO. 10 SUGGESTIONI DALL'ESPERIENZA

14/10/2020

3 Comments

 
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Premessa. ‘In direzione ostinata e contraria’
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Con buona pace dei tanti che la pensano diversamente (non di rado, viene da dire ascoltandoli, senza conoscerne adeguatamente né i contenuti, nè le esperienze sul campo) ritengo non da oggi che il sistema delle politiche attive per il lavoro e dei servizi per l’impiego costituisca una delle architravi essenziali di un sistema (economico, sociale e produttivo) che sia allo stesso tempo efficiente, efficace ed inclusivo; oppure, cambiando metafora e ponendosi da un punto di vista meno gerarchico-strutturale, che costituisca uno degli hub essenziali di una rete di risorse per lo sviluppo.
Per questo motivo, dopo avere pubblicato numerosi volumi, articoli e saggi sui temi oggetto della mia esperienza (di ricerca, formazione e consulenza) in questo ambito, ho deciso di dare maggiore continuità a questo mio impegno, e di cercare di favorire una maggiore visibilità di questo tema, che vada oltre i limiti dello scandalismo cui siamo ormai purtroppo avvezzi (anche in forza di situazioni che, qualche volta, effettivamente 'scandalose' lo sono, e come tali vanno riconosciute, senza timore).
Sembra quindi trattarsi, ancora una volta, di andare ‘in direzione ostinata e contraria’, secondo la suggestiva espressione di Fabrizio De André: ma, almeno da un certo punto in avanti della propria vita, ciascuno di noi è chiamato ad onorare la propria storia, e quanto da essa ha appreso e ancora apprende.
Su molti dei temi di cui mi occupo, e ai quali sono particolarmente legato, questo blog costituisce per me allo stesso tempo il luogo e il mezzo per perseguire questo obiettivo, per rispondere a questa esigenza, per cercare di soddisfare questo desiderio.
Per questo, da oggi l’ambito delle politiche del lavoro e dei servizi per l’impiego costituirà, con continuità, uno spazio specifico di riflessione e approfondimento.


Le considerazioni che seguono sono tratte dal volume di P.G.Bresciani - P.A.Varesi Servizi per l’impiego e politiche attive del lavoro. Le buone pratiche locali, risorsa per il nuovo sistema nazionale (Franco Angeli, 2016)
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Se ‘ascoltata’ con attenzione, ogni buona pratica di progettazione, organizzazione o erogazione di servizi per il lavoro è interessante in sé, per ciò che ciascuna delle esperienze racconta e entro certi limiti insegna in relazione al proprio oggetto specifico (di volta in volta: il collocamento dei disabili, i tirocini, lo sportello per immigrati, i servizi per le imprese, il coinvolgimento dei soggetti socio-istituzionali nella gestione; etc.), dall’altro lato è preziosa per ciò che è in grado di suggerire trasversalmente in termini di condizioni per la qualità e l’efficacia delle esperienze.
In altre parole, possiamo trarre dalle buone pratiche (almeno quelle ‘abbastanza buone’, come prudentemente suggerito da D. Winnicott per ciò che riguarda le madri) alcune indicazioni per una ecologia dei servizi per il lavoro, che vorremmo proporre alla riflessione degli stakeholder alla soglia del nuovo big change in atto nel nostro Paese.
Non ci riferiamo ai singoli dispositivi, alle procedure o alle singole metodologie di intervento: a noi pare infatti che le buone esperienze suggeriscano anche altro, ad un livello diverso: un insieme di principi e criteri per l’azione che costituiscono allo stesso tempo altrettante condizioni per un esito positivo.
Procederemo per estrema sintesi, presentando una check-list di punti di attenzione (non necessariamente in ordine di importanza) che ci sembrano  emergere con chiarezza dalle esperienze sul campo, e che possono costituire un decalogo per gli stakeholder, nella nuova fase di sviluppo delle politiche e dei servizi nel nostro Paese.
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  1. Vision e leadership. Nella maggior parte dei casi, i responsabili politico-istituzionali cui compete il governo dei sistemi locali del lavoro sono stati in grado di esprimere visibilmente un pensiero, un’intenzione, una strategia in merito ai servizi per il lavoro: e questo ha dato impulso, favorito e sostenuto gli operatori nella difficile navigazione verso l’innovazione (in una situazione in cui essi sono stati costretti non di rado a ‘remare contro’). Crederci, e mostrare, testimoniandolo nella continuità del tempo, che ci si crede, costituiscono requisiti troppo spesso dimenticati di una leadership efficace.

  2. Integrazione e partnership. La capacità di costruire relazioni cooperative (stabili e/o per specifici progetti) tra soggetti, servizi e competenze complementari, per offrire soluzioni migliori ai problemi degli utenti, emerge dai casi presentati come una delle variabili più fortemente correlate alla efficacia dei risultati. Costruire ponti (come si potrebbe dire richiamando la suggestiva espressione che da qualche tempo viene evocata con frequenza nel dibattito pubblico sulla immigrazione) costituisce un elemento essenziale per la implementazione di un efficace sistema locale di servizi per il lavoro: ponti tra pubblico e privato; tra locale ed extra-locale; tra servizi per il lavoro, servizi socio-sanitari, servizi di istruzione e formazione, servizi alle imprese; etc.

  3. Storia e cultura. La condivisione, nell’ambito della comunità locale di stakeholder (o anche solo di sottoinsiemi significativi di essa) e nell’ambito di uno specifico territorio, di comuni valori e ‘modi di intendere’ il lavoro e i servizi per l’occupabilità, emerge come un fattore propedeutico alle buone pratiche. E dal momento che la cultura è sempre il risultato di una storia nel tempo, contesti locali che nel tempo abbiano maturato una storia di confronto e di collaborazione su questi temi è più probabile che esprimano esperienze di qualità (e a loro volta queste esperienze, circolarmente, nel tempo, contribuiscono a consolidare ulteriormente tale cultura condivisa).

  4. Fiducia e capitale sociale. La presenza, nella comunità dei soggetti locali e nel territorio, di una molteplicità di relazioni, e di un clima di fiducia reciproca (in cui i diversi attori abbiano sperimentato che possono ‘fare affidamento’ gli uni sugli altri) rappresenta allo stesso tempo sia un requisito che un risultato delle buone pratiche. La riscoperta che anche il pensiero economico ha effettuato in questi anni in relazione al valore strategico del capitale fiducia nello sviluppo delle imprese, dei settori e dei territori, trova ulteriore motivazione e conferma nell’ambito specifico dei servizi per il lavoro, e configura un nuovo ambito di intervento su una dimensione immateriale così gravida di effetti sulle dimensioni materiali (numero di clienti-utenti; risultati in esito; risorse finanziarie mobilitabili e loro fonti; etc.)

  5. Management organizzativo e cultura della implementazione. Alla fine, dopo averle pensate, progettate e dichiarate, ‘le cose bisogna farle’: per questo motivo, la presenza di un management organizzativo (ci riferiamo qui soprattutto ai Centri per l’impiego[1]) che pure nei vincoli e nelle difficoltà in cui si trova ad operare, si assuma ‘il rischio del fare’ emerge dal campo come una delle condizioni essenziali per ottenere risultati di particolare valore. Due condizioni emergono come propedeutiche alle pratiche di successo: da un lato una dirigenza intraprendente, che non si ferma alla norma ma che sa ‘abitarla’ in modo proattivo, e il cui criterio di azione principale non sia (come oggi troppo spesso avviene) quello di ‘evitare possibili conseguenze’; e dall’altro una cultura della implementazione: cioè una consapevolezza della natura e della complessità degli aspetti procedurali, amministrativi, organizzativi e operativi implicati dal processo di realizzazione[2].

  6. Partecipazione e responsabilizzazione. Tutte le migliori esperienze sono state rese possibili dalla partecipazione attiva (nella ideazione e nella progettazione del servizio, prima ancora che nella sua erogazione) degli operatori, nonostante i limiti e gli ostacoli di diverso ordine (normativo, organizzativo, contrattuale, logistico, economico, reputazionale) con i quali si sono dovuti scontrare. Partecipazione, responsabilizzazione e, coerentemente, riconoscimento di alcuni margini di discrezionalità nell’erogazione (margine di discrezionalità che andrebbe riconosciuto anche ai responsabili dei Centri per l’impiego, come ci viene suggerito dalle migliori pratiche internazionali) rappresentano altrettanti elementi di motivazione, di coinvolgimento e di sollecitazione all’impegno degli operatori: elementi essenziali per la qualità dei servizi, in ragione della loro natura intrinsecamente ad elevata personality intensity, secondo la felice formulazione di Normann[3].

  7. Supporto ed empowerment. Gli operatori dei servizi per il lavoro (e a volte anche i responsabili locali) sono non di rado stati lasciati soli di fronte alla esplosione della domanda degli utenti in particolare nel tempo della crisi, in situazioni nelle quali contemporaneamente non si fornivano loro risorse e strumenti adeguati per costruirvi risposte. Nelle migliori pratiche è invece frequente che venga dato supporto (istituzionale, amministrativo, organizzativo, sociale) nei loro confronti, e che la loro azione venga legittimata, riconosciuta, sostenuta. Questo tipo di riconoscimento si conferma come elemento essenziale non solo di capacitazione organizzativo-amministrativa (‘mettere in grado di’), ma anche come elemento di empowerment, e fattore di legittimazione, protezione, abilitazione, valorizzazione; contribuendo per questa via alla assunzione di comportamenti professionali caratterizzati da maggiore coinvolgimento, senso di appartenenza, assunzione di responsabilità.

  8. Apertura e apprendimento. Non si intraprende innovazione se i protagonisti dell’esperienza non condividono un atteggiamento di apertura, di curiosità, di disponibilità verso l’apprendimento. Se da un lato questa potrebbe apparire una ‘condizione’ sulla quale  poco si può influire in una logica di intervento (si potrebbe essere infatti tentati di pensare che queste caratteristiche sono risorse in input, date una volta per tutte, in base al principio per cui ‘le persone sono quelle che sono’), dall’altro lato risulta evidente come e quanto il contesto sia in realtà a sua volta in grado di influenzarle: ad esempio mediante gli orientamenti politico-istituzionali, lo stile di leadership, i sistemi di gestione manageriale, le scelte gestionali, il clima organizzativo, i sistemi di regolazione normativa e contrattuale. Ciò significa che, almeno nel medio periodo, la disponibilità alla apertura e all’apprendimento non è tanto/solo una caratteristica individuali ‘data una volta per tutte’, ma anche/piuttosto una disposizione comportamentale permeabile all’intervento istituzionale-manageriale.

  9. Riflessione sull’esperienza e supervisione. La capacità dei diversi soggetti (degli operatori dei servizi; dei dirigenti e dei funzionari provinciali, dei diversi tipi di partner e stakeholder di volta in volta coinvolti) di trovare e praticare luoghi, momenti e modalità per riflettere criticamente sulla esperienza realizzata risulta essenziale per poterne trarre apprendimento, e per poterla modificare in progress, migliorarla, modellizzarla. Che si tratti di discutere nell’ambito del gruppo di operatori che ha in carico il servizio; oppure di confrontare la propria esperienza con quella di altri Centri per l’impiego; che si tratti di un rapporto peer-to-peer oppure di supervisione da parte di un esperto, secondo il modello classico: in ogni caso non si può non riconoscere che le buone pratiche tendono ad accompagnarsi alla attitudine a raccontarsi, a riflettere su di sé, a imparare dalla propria esperienza e a trarne alimento ulteriore per lo sviluppo.
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  10. Accompagnamento e continuità. Anche quando si tratti di progetti (per loro natura temporanei) e non di servizi (permanenti), l’efficacia dei risultati nelle esperienze risulta correlata alla presenza di forme di accompagnamento (riunioni di lavoro; sessioni formative; seminari e workshop; etc.) a volte promosse e condotte direttamente dai responsabili, altre volte da esperti consulenti, oppure dallo stesso gruppo di lavoro autonomamente. Ciò che appare essenziale ai fini del risultato è la continuità di questo tipo di impegno, la sua regolarità (occorre mantenere un ritmo), la sua durata. Certo, la questione della continuità evoca naturalmente quella delle risorse finanziarie disponibili per supportare la implementazione del disegno strategico, risorse il cui ammontare complessivo viene sempre evocato nel dibattito politico-istituzionale come la ragione più profonda della insoddisfacente situazione del sistema italiano di servizi per il lavoro: e a questo elemento dedicheremo alcune specifiche considerazioni in un prossimo intervento.

Se quelli indicati nel decalogo appena richiamato possono essere considerati altrettanti elementi costitutivi per una ecologia dei servizi per il lavoro (e cioè perché il sistema produca in esito risposte appropriate agli specifici problemi degli utenti, risposte che siano sufficienti per quantità e adeguate per tempestività), a noi pare che uno dei principali compiti da affrontare in una prospettiva strategica da parte dei responsabili politico-istituzionali, dal management dei Centri per l’impiego e dagli stakeholder, consista nel prenderne in carico le implicazioni operative, e nel trasformare in attività concrete e in modalità di intervento qui e ora le dieci suggestioni che le buone pratiche ci hanno sollecitato, capitalizzandole in funzione del nuovo big change in essere.
Si tratta, allo stesso tempo, di un compito etico, politico-istituzionale, organizzativo e professionale, e per affrontarlo al meglio occorre il contributo (di intelligenza, competenza, passione) di tutti: pubblico e privato, istituzioni e parti sociali, professionisti e funzionari, dirigenti e operatori.
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[1] Per quanto non recente, il volume di P.G.Bresciani Servizi per l’impiego. Modelli organizzativi Quaderni SPINN 1-2003 ci sembra poter costituire tuttora un utile e attuale strumento di lavoro in relazione alla progettazione e implementazione della organizzazione di un Centro per l’impiego
[2] A tale riguardo sia consentito il rinvio al volume di P.G.Bresciani, A.Sartori, Innovare i servizi per il lavoro. Tra il dire e il mare… Apprendere dalle migliori pratiche internazionali Franco Angeli 2015.
[3] cfr. R. Normann La gestione strategica dei servizi Etas Libri 1999
immagini di Miguel Á. Padriñán e Christina Morillo
3 Comments
FRANCESCO
26/10/2020 08:47:39 am

Complimenti per l analisi e per la proposta delle politiche attive
"ritengo non da oggi che il sistema delle politiche attive per il lavoro e dei servizi per l’impiego costituisca una delle architravi essenziali di un sistema (economico, sociale e produttivo) che sia allo stesso tempo efficiente, efficace ed inclusivo"

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Laura
2/11/2020 07:35:29 pm

Ho molto apprezzato le riflessioni contenute nell'articolo proposto dal Prof. Bresciani che rappresenta per chi quotidianamente da anni "cerca di abitare proattivamente la norma", in nome e rispetto di un ecosistema dei servizi per il lavoro che va ritrovato, rinnovato... in nome, rispetto e per il bene di tutti coloro che lo abitano e in esso "sopravvivono". Troppo spesso questo habitat è stato ed è tutt'ora "inquinato" da false credenze e stereotipati pregiudizi (spesso politicamente strumentalizzati e socialmente radicati) che rischiano di minare o rendere più difficile la possibilità di individuare e utilizzare in modo naturalmente efficace le "energie alternative" di cui possiamo e sappiamo disporre.

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ALESSANDRA BACCHIOCCHI
9/11/2020 06:53:07 pm

Leggendo, da operatrice di un centro per l’impiego, con estremo interesse l’articolo e ringraziando per l’intento della “messa in trasparenza” e valorizzazione dell’operato dei centri per l’impiego, pongo attenzione su due punti del decalogo:

6. Partecipazione e responsabilizzazione, quando parla di “margini di discrezionalità nell’erogazione” dei servizi; spesso infatti gli operatori si assumono, anche se non formalmente autorizzati, la responsabilità personale di margini di discrezionalità nell’erogazione dei servizi per consentirne comunque una efficace ed efficiente fruibilità degli stessi agli utente; i margini di discrezionalità vengono, a mio avviso, riscontrati nella non applicazione da parte degli operatori del cosiddetto “sciopero bianco” che prevedendo alla lettera il rispetto di tutti i protocolli e procedure bloccherebbe o comunque rallenterebbe di molto l’erogazione dei servizi a discapito dell’utenza

9. Riflessione sull’esperienza e supervisione., quando parla di riflessione sulle esperienze; capita infatti che - nel tentativo di fronteggiamento di situazioni problematiche o di risposta in tempi brevi alle richieste delle utenze- i singoli operatori mettano in atto delle pratiche, magari sporadiche, bizzarre, e creative, che se non accompagnate da una riflessione comune sulle stesse sfumano nella loro possibilità di tradursi in prassi da poter valorizzare o consolidare per alcune casistiche di servizi e utenze. Già molti anni addietro, Dewey nel saggio “Esperienza ed educazione” parlava di “teoria dell’esperienza” ed evocava la necessità di sistematizzare l’esperienza, di riflettere sull’esperienza stessa perché divenga un proficuo apprendimento e penso che oggi , in un mondo veloce quanto un “clic” e che fagocita impressioni, sensazioni e vissuti esperienziali, risulti molto attuale ed auspicata l’esigenza di “fermarsi sull’esperienza”.

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